Abbazia San Pietro in Valle

La Chiesa Abbaziale

La chiesa

La chiesa odierna (x secolo) ha una pianta basilicale a croce “patibulata”, un unicum per il periodo in Umbria, mentre la chiesa della prima fase longobarda (VIII secolo) doveva presentarsi a tre navate con due ordini di colonne, come si evince dai capitelli di reimpiego conservati ancora oggi al suo interno. L’unica navata con soffitto a capriate lignee termina con un abside centrale e due absidiole laterali precedute da un transetto munito al centro da un alto tiburio. La facciata è a capanna, costituita da blocchi di pietra squadrati ed intonacati, con oculo centrale risalente al XVI secolo. Il campanile, di chiaro stile basilicale romano-laziale, è estremamente ornato con inserti scultorei di reimpiego di origine romana, longobarda e carolingia.

Il contenuto

  1. Thesauros-cippo pagano: cippo votivo pagano con incisi i nomi di Crastinus Paulus e Tittieno Macro della tribuù quirina. La leggenda vuole che fu utilizzato come base per il primo altare dei santi eremiti Lazzaro e Giovanni.
  2. Sarcofago di Faroaldo II (III secolo): Sul fronte presenta scene dionisiache divise da un portico a cinque archi scandito da colonnine tortili. In ordine, partendo da destra, troviamo un Satiro, una Menade, Dioniso ed un Satiro, un Sileno ed infine il dio Pan con la cesta mistica. Sui lati due grifoni alati
  3. Sarcofago dei SS. Lazzaro, Giovanni e Giacomo (III-IV secolo): Si tratta dell’unione di due sarcofaghi romani (sarcofago+coperchio). Il sarcofago, di tipo strigilato, presenta sul fronte il ritratto del defunto fra due cornucopie. Il coperchio presenta al centro il ritratto del defunto con rotulus sorretto da due vittorie alate, con a destra una scena di banchetto ed a sinistra una di caccia. Intorno al sarcofago corre il circuito rituale di purificazione che percorrevano i pellegrini devoti attorno ai santi eremiti.
  4. Sarcofago di Amore e Psiche (III secolo): addossato alla parete destra del transetto vi è un altro sarcofago di tipo strigilato con al centro della fronte raffigurati Amore e Psiche e sugli angoli due amorini assortiti con le fiaccole capovolte. Forse fu il sarcofago del duca Ilderico Dagileopa.
  5. Sarcofago con scene marine(frammentario, III secolo): Sul fronte si può intuire la presenza di tre barche guidate da un amorino e da una psiche danzante, tipica allegoria del rituale funebre di età romana.
  6. Sarcofago con cuscino cefalico (III.IV secolo): Il sarcofago non presenta decorazioni. Al suo interno si può vedere il cuscino cefalico dove veniva appoggiata la testa del defunto.
  7. Sarcofago con scena di caccia (III secolo): Ha una superficie frontale molto affollata sulla quale è rappresentata una scena di caccia al cinghiale ed all’antilope.
  8. Altare longobardo di Ursus Magester (VIII secolo): L’altare maggiore è costituito da due lastre marmoree istoriate, fiancheggiate dai pilastri marmorei decorati. Sulla lastra anteriore si legge la scritta dedicatoria del duca longobardo Hilderico Dagileopa “Hilderico Degileopa in honore sci. Petri et amore sci. Leo et sci. Grigorii ro remedo a.m.”. La lastra sul fronte è scandita da tre flabelli decorati che racchiudono due figurine maschili (in preghiera). La prima da destra rappresenta Hilderico nelle vesti militari di duca di Spoleto, con in mano la spada tipica longobarda (scramasax), mentre nell’altra, presumibilmente, è rappresentato lo stesso duca che, spogliatosi delle vesti militari, diviene monaco presso l’abbazia e riceve i sacri riti del battesimo, simboleggiati dal calice e dalle colombe sopra la sua testa. Di notevole importanza storica, vicino alla prima figurina, la firma dello scultore della lastra “Ur-sus magester fecit”, il quale si attribuisce così la paternità dell’opera. La lastra posteriore è interamente decorata, secondo la tendenza altomedioevale dell’horror vacui, con elementi tipici longobardi come i fiori a sei petali, le fuserole le cornici, gli intrecci di foglie e le fibbie.
  9. Abside – Mosaico (VI-X secolo): l’abside doveva apparire completamente pavimentata da un mosaico realizzato con tessere, pietre e marmi romani di reimpiego. Il mosaico doveva rappresentare una croce a intreccio decorata da pietre colorate con un motivo molto simile alle crocette auree longobarde. L’abside, forse unica parte architettonica rimasta in piedi dell’edificio longobardo, presenta in cima ai pilastri dei capitelli corinzi romani reimpiegati ed altre parti architettoniche appartenute di certo ad un edificio romano preesistente la chiesa.
  10. Abside – Affreschi (XV secolo): forse eseguiti secondo lo schema iconografico originario del XII secolo, gli affreschi dell’abside risalgono al secolo XV. Nella parte alta vi è il Cristo Pantocratore mentre nella parte bassa una teoria di santi eremiti (Marziale, Eleuterio, Lazzaro, Placido, Mauro, Giovanni) dominati al centro da San Benedetto assiso in trono. Vengono attribuiti al Maestro di Eggi.
  11. Abside laterale sinistra – Affreschi (XIV secolo): accoglie unaffresco datato 1452 raffigurante una Madonna in trono fra due santi. Al di sotto di questa è raffigurato l’Incontro di Faroaldo con l’eremita Lazzaro. In una scena a sinistra dell’abside è raffigurata la leggena del Sogno di Faroaldo.
  12. Abside laterale destra – Affreschi (XIV secolo): affresco datato agli inizi del XIV secolo raffigurante una Madonna in trono fra i santi Michele e Gabriele con l’abate committente.
  13. Materiali architettonici e reperti archeologici di età romana, longobarda e carolingia: questi materiali, di varie epoche, sicuramente appartenenti alla struttura architettonica longobarda distrutta dai saraceni nel IX secolo. La grande quantità di reperti di età romana non lascia dubbi sulla presenza di un edificio romano nelle vicinanze dell’abbazia (forse un tempio o un monumento funebre).
  14. Colonne, capitelli ed acquasantiere: forse resti dell’antico impianto longobardo a tre navate. Divenute due acquasantiere, si ipotizza potessero servire come divisorio fra i battezzati e non battezzati.
  15. Navata – ciclo di affreschi (XII secolo): Il ciclo di affreschi della navata, realizzato da una scuola romana, è in stile romanico. Viene datato alla metà del XII secolo e rappresenta scene dell’Antico Testamento (parete destra) e del Nuovo Testamento (parete sinistra). Gli affreschi della navata presentano un netto distacco dai canoni dell’arte bizantina (immobilismo dei corpi, volti ieratici, proporzioni gerarchiche etc.) ed anticipano in molti casi le tendenze dell’arte romanica matura del XIII secolo dettata dal Cavallini. Si può notare sia nella scena dell’Ultima Cena che in quella del Ritorno dei Magi una primitiva introduzione di profondità prospettica data dalla suddivisione dello spazio in primo e secondo piano. Altra innovazione è la rappresentazione dettagliata della città fortificata di Gerusalemme come un paesaggio urbano entro uno spazio definito. Parere univoco degli storici dell’arte è ipotizzare che sia il Cavallini che Giotto abbiano osservato e studiato a fondo gli affreschi dell’abbazia di San Pietro in Valle per realizzare i propri futuri lavori. Storicamente è stato accertato che il cantiere pittorico di San Pietro in Valle sia stato il più grande dell’Umbria fino alla costruzione della Basilica di San Francesco in Assisi.
  16. Controfacciata – affreschi (XVI secolo): distribuiti ai lati del portale d’ingresso troviamo da un lato (sinistra) una Madonna con Bambino e San Mattia Apostolo sono del 1526
  17. Affresco staccato: Era ubicato presso una stanza demolita durante i restauri degli anni ’30. Rappresenta un Cristo crocefisso attorniato da Santa Scolastica, San Benedetto, la Maddalena, San Giovanni Apostolo e Sant’Onofrio.

Si ringraziano S. Torlini e A. Gatti per la collaborazione

Abbazia San Pietro in Valle